Panico al villaggio (2009) di Stéphane Aubier & Vincent Patar

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Vic Vega
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Panico al villaggio (2009) di Stéphane Aubier & Vincent Patar

Messaggio da Vic Vega »

Praticamente zero pubblicità per un titolo di animazione che è totalmente diverso da ciò che si vede in giro.
Il film tratta le avventure di Cowboy, Indiano e Cavallo, dalla campagna al mondo sottomarino, con uno spirito che ricorda i Monty Python e Jacques Tati. Girato con una stop-motion fin troppo artigianale, come i corti di Wallace & Gromit, al momento è il film d'animazione europeo più divertente degli ultimi anni. Consigliatissimo.
L'ho visto a un festival di corti d'animazione a Roma: era uno dei pochi lungometraggi presentati, insieme a Metropia, e l'ho visto in originale. Chissà i vari dialetti francesi come li avranno resi nella versione italiana...
http://www.youtube.com/watch?v=RB0lmqFXfA8[/youtube]
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Re: Panico al villaggio (2009) di Stéphane Aubier & Vincent Patar

Messaggio da Countermanda »

Dalla scheda presente su MY MOVIES
Panico al villaggio
Un film di Stéphane Aubier, Vincent Patar. Con Stéphane Aubier, Jeanne Balibar, Nicolas Buysse, Véronique Dumont, Bruce Ellison, Christine Grulois, Frédéric Jannin, Bouli Lanners, Christelle Mahy, Eric Muller, Vincent Patar, Franco Piscopo, Benoît Poelvoorde, Alexandre von Sivers Titolo originale Panique Au Village. Animazione, Ratings: Kids, durata 75 min. - Belgio, Lussemburgo, Francia 2009. - Nomad Film

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C'era una volta, in un villaggio di nome Villaggio, un cavallo di nome Cavallo, che viveva con un cow-boy di nome Cow-boy e un indiano di nome Indiano. È il 21 giugno, il compleanno di Cavallo, e i suoi due compari pensano bene di ordinare 50 mattoni per costruirgli un barbecue. Peccato che, tra un gioco e una distrazione, l'ordine on line parta pieno di zeri e il Villaggio si ritrovi invaso da 50 milioni di mattoni, che fanno particolarmente gola a dei piccoli, imprendibili ladri notturni.
Non è un caso che il bellissimo film del duo di animatori belgi Vincent Patar e Stéphane Aubier si ambienti in un paese non meglio identificato ma in un giorno precisissimo, il primo giorno d'estate. È la sola coordinata che serve per fissare la rotta, l'inaugurazione di un tempo di gioco e di libertà, di aria aperta e di tuffi. Patar e Aubier non si fanno mancare niente di tutto questo: i loro soldatini con la base, personaggi di una fattoria davvero universale, che ha abitato ogni casa del mondo, continuano le loro scorribande nonostante i bambini non li venerino e non li muovano più, un po' come i giocattoli di Toy Story ma senza rimpianti, spassionatamente incoscienti. Dei bambini non c'è traccia alcuna, eppure il mondo intero del film è governato da regole e tempistiche che appartengono indiscutibilmente all'universo del gioco infantile. È così che Cavallo può vivere un'avventura rocambolesca senza mai dimenticare l'appuntamento con la lezione di pianoforte di Madame Longrée, ricevendo le telefonate dal conservatorio letteralmente in qualsiasi posto, anche in fondo al mare, e riuscendo a presentarcisi a tempo debito, anche se non certo nel più consueto dei modi. È così che dallo stagno si accede per direttissima ad Atlantide; che la mamma dei mostriciattoli marini non smette di far frittelle né a testa in giù né a testa in su, indipendentemente dall'emisfero in cui si trova; che il casello del vigile può divenire prigione e ritornare casello alla bisogna.
Nato da una serie televisiva, questo lungometraggio in stop-motion, ha dunque nell'imprevedibilità di fondo e nella natura potenzialmente inesauribile della sua narrazione l'aspetto più originale, perduto e spettacolare. Non ci sono coordinate a cui aggrapparsi, nessuno schema in cui far rientrare la trama, tutto può succedere e succede di tutto.
Privo di logica ma non di sentimento (Jannine disperata, perché hanno incarcerato il suo Steven, Cavallo che s'intimidisce d'un tratto, sotto lo sguardo amorevole di Madame Longrée), l'andamento del film dispiega sotto i nostri occhi il passaggio magico dall'indeterminatezza (i pupazzetti seriali, interscambiabili) alla necessità (Cavallo, Cow-Boy, Indiano), dal nome comune al nome proprio, dall'inanimato all'oggetto di affetto. È quello che i bambini fanno quotidianamente, opportunamente incoscienti. I grandi, invece, hanno bisogno del cinema.
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