Questo essere troppo sopra le righe (ma urlare un po' di meno no?) è evidentissimo nel primo episodio del film, Milano beach. Si ride di gusto una sola volta (la macchina sbagliata), con i tempi e le facce giustissime, il resto è banale e imbarazzante. E i momenti "poetici" e "magici" (lo stadio di San Siro deserto), immancabili in certo tipo di cinema ma ben dosati nei film precedenti, qui, forse perché relegati al corto, non vengono sfruttati a dovere.
Degli altri episodi si segnala L'autobus del peccato, almeno fino al finale che delude non poco. Benino anche Temperatura basale. L'idea alla base di Falsi prigionieri invece è poca roba anche per un corto e gli intermezzi del maestro Tsu' Nam fanno sorridere solo all'inizio. Aldo, Giovanni e Giacomo hanno via via perso quella freschezza grezza che avevano avuto con il primissimo Tre uomini e una gamba. Per me il loro percorso nel cinema è stato un continuo andare calando, fino a questo ultimo film in cui mancano quasi tutte le peculiarità affermate del trio. Un tentativo di rinnovarsi (un rinnovo che passa anche attraverso gli effetti speciali) quindi, che però dimentica la cosa più importante: la risata.
