Il petroliere (2007) di Paul Thomas Anderson
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Da me ha avuto una distribuzione di tutto rispetto, l'ho visto in un ottimo multiplex. Ovviamente sala semi deserta
Il film devo ancora metabolizzarlo, ma a caldo ci sono vari elementi che non mi hanno convinto del tutto. Day Lewis è superbo, ma credo che la sua interpretazione sia stata penalizzata da un doppiaggio casereccio. Molto del lavoro che affrontato ha avuto l'obiettivo di cambiare l'accento, quindi aspettiamolo di vederlo in lingua originale per apprezzarlo al meglio.
Il film devo ancora metabolizzarlo, ma a caldo ci sono vari elementi che non mi hanno convinto del tutto. Day Lewis è superbo, ma credo che la sua interpretazione sia stata penalizzata da un doppiaggio casereccio. Molto del lavoro che affrontato ha avuto l'obiettivo di cambiare l'accento, quindi aspettiamolo di vederlo in lingua originale per apprezzarlo al meglio.
Tutto bello, regia, interpretazioni, colonna sonora ecc ecc... tutto molto bello, tranne la trama, non molto interessante.
E dato che la trama è la cosa più importante, il film ne risente. Il petrolio è un tema originale, ma in generale il film non coinvolge, va a puntare sull'ambizione del protagonista e sui rapporti padre e figlio... cose già viste molte volte, mi aspettavo un film più "nuovo".
Voto complessivo: 6
E dato che la trama è la cosa più importante, il film ne risente. Il petrolio è un tema originale, ma in generale il film non coinvolge, va a puntare sull'ambizione del protagonista e sui rapporti padre e figlio... cose già viste molte volte, mi aspettavo un film più "nuovo".
Voto complessivo: 6
- hicks82
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La trama mi ingrifava non poco soprattutto per il personaggio di Day Lewis è la sua ossessione per il petrolio e per il capitalismo fatto soprattutto di testardaggine e sacrificio.
Obbiettivo raggiunto? Non proprio. Da questo film mi aspettavo tantissimo, purtroppo ahimè mi ha parzialmente deluso, colpa dello sviluppo della storia e dal fatto di aver si delineato il pathos del personaggio e la sua ossessione ma imho non abbastanza, insomma non mi ha trascinato un granchè.
Mi aspettavo anchio qualcosa di epico e grandioso ma purtroppo questa grandiosità si è vista poco, come se Anderson non sapesse che tipo di tono dare al film. Davvero un gran peccato, aveva tutte le carte in tavola per giganteggiare alla grande......certo, rimane comunque un bel film con una prima parte convincente (bellissima la scena del petrolio chi schizza fuori e l'incendio della torre) ma che purtroppo scema nella seconda. Di sicuro lo riguarderò in dvd per riapprofondire ma adesso come adesso......un grande occasione mancata.
La sfida con i Coen la persa......e di tanto.
Voto: 3/5
P.S.: comunque la sufficenza perchè rimane un bel film ma non quel capolavoro trascinante che mi aspettavo.
P.P.S.: chissà come l'avrebbe fatto Scorsese.......
Obbiettivo raggiunto? Non proprio. Da questo film mi aspettavo tantissimo, purtroppo ahimè mi ha parzialmente deluso, colpa dello sviluppo della storia e dal fatto di aver si delineato il pathos del personaggio e la sua ossessione ma imho non abbastanza, insomma non mi ha trascinato un granchè.
Mi aspettavo anchio qualcosa di epico e grandioso ma purtroppo questa grandiosità si è vista poco, come se Anderson non sapesse che tipo di tono dare al film. Davvero un gran peccato, aveva tutte le carte in tavola per giganteggiare alla grande......certo, rimane comunque un bel film con una prima parte convincente (bellissima la scena del petrolio chi schizza fuori e l'incendio della torre) ma che purtroppo scema nella seconda. Di sicuro lo riguarderò in dvd per riapprofondire ma adesso come adesso......un grande occasione mancata.
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Devo tenermi la mia angoscia. La devo proteggere. Perche' mi serve: mi mantiene scattante, reattivo, come devo essere.
Al Pacino in Heat di Micheal Mann
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ottime le interpretazioni, come al solito eccellente day-lewis nonostante il doppiatore (che temo ci abbia messo fin troppo del suo per rendere il personaggio), ma molto valido anche paul dano nelle parti di eli / paul sunday.
insomma film molto buono, che avrei definito eccellente se non fosse stato per il fin troppo straripante accompagnamento musicale... qui più che musica ad accompagnamento del film, sembrava che in certi punti, fin troppi, la musica si fosse presa il film di forza per violentarlo brutalmente. è stata senz'altro una scelta autoriale, perfettamente in linea con i toni e il mood della storia, ma a distanza di due giorni la trovo ancora fastidiosa all'orecchio.
insomma film molto buono, che avrei definito eccellente se non fosse stato per il fin troppo straripante accompagnamento musicale... qui più che musica ad accompagnamento del film, sembrava che in certi punti, fin troppi, la musica si fosse presa il film di forza per violentarlo brutalmente. è stata senz'altro una scelta autoriale, perfettamente in linea con i toni e il mood della storia, ma a distanza di due giorni la trovo ancora fastidiosa all'orecchio.
- hicks82
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A me invece è piaciuto l'uso della musica, dopo acer visto Ubriaco d'amore mi sa che è diventato il suo marchio di fabbrica.bobdeniro ha scritto:se non fosse stato per il fin troppo straripante accompagnamento musicale... qui più che musica ad accompagnamento del film, sembrava che in certi punti, fin troppi, la musica si fosse presa il film di forza per violentarlo brutalmente
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- vegeta85
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bè, che Anderson sia sempre stato attento alla musica nei suoi film è un dato di fatto. Fondamentale l'apporto di Jon Brion alle sue prime quattro pellicole, straordinarie scelte musicali per "Boogie Nights" (ricordo gli ELO, Beach Boys, War, Marvin Gaye..), e perfetto l'uso delle canzoni di Aimee Mann in "Magnolia".
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Anderson concordo anchio sulle sue qualità registiche però visto il tipo di film sarei curioso di vedere come l'avrebbe realizzato, visto il personaggio sembra fatto apposta per essere diretto da lui.....seconde l'avrebbe reso ancora più "viscerale".bigdrugo ha scritto:Scorsese ?
Perchè? Paul Thomas Anderson è davvero bravo. io l'oscar alla regia l'avrei dato a lui.
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Vi posto la recensione che ho scritto per la rivista Cinem'Art:
A cinque anni di distanza dalla distorta e surreale “love story” di Ubriaco d’amore il regista/sceneggiatore statunitense Paul Thomas Anderson cambia decisamente registro e torna alla regia con una pellicola dura, profondamente cupa e pessimista - si potrebbe parlare di pessimismo cosmico -, che a differenza di tutti i suoi lavori precedenti non lascia alcuno spazio a possibilità di speranza o di redenzione. Come in Ubriaco d’amore, però, Anderson mette di nuovo al centro della narrazione un unico personaggio, rimanendo dunque ancora lontano dalle narrazioni multiple e dagli incastri di varie vicende umane di evocazione altmaniana di Boogie Nights e Magnolia, che lo avevano imposto prepotentemente all’attenzione della critica internazionale.
La nuova opera del trentottenne cineasta originario della San Fernando Valley è un film audace, tanto coraggioso quanto complesso e al contempo profondamente radicato nella cultura americana e, come ha felicemente scritto più di un mese fa su “Il Manifesto” Giulia D’Agnolo Vallan, nelle sue due anime primarie (il capitalismo e l’evangelismo); un lavoro di grande valore che di certo meriterebbe di essere visto almeno una seconda volta prima di essere giudicato, così da avere la possibilità di coglierne le diverse sfumature e i molteplici temi suggeriti tra le righe.
Ambientato a cavallo tra il XIX e il XX secolo (e più precisamente tra il 1898 e il 1927), Il petroliere è stato definito giustamente da diversi critici americani un “character study”, vale a dire uno studio approfondito su un unico personaggio. Effettivamente la pellicola si concentra quasi esclusivamente su Daniel Plainview (Daniel Day-Lewis), un uomo taciturno, essenzialmente solitario e misantropo, ossessionato dall’idea di arricchirsi grandemente scovando e comprando a somme molto basse territori colmi di “oro nero”. Oltre a Plainview - che è chiaramente una demitizzazione personificata del classico “self-made man” a stelle e strisce - l’altro personaggio che riveste una grande importanza all’interno della pellicola è Eli Sunday (interpretato dall’ottimo Paul Dano), l’ambiguo predicatore della comunità in cui giunge l’avido cercatore di petrolio e nella quale si svolge la estesa parte centrale della narrazione. Anderson ci mostra l’inarrestabile e progressiva ascesa del protagonista principale senza giudicarlo, senza infingimenti, evitando abilmente - come d’altronde ci ha abituati fin dal suo esordio con Sidney - di assumere atteggiamenti moralistici che sarebbero risultati del tutto fuori luogo; e nel frattempo introduce lentamente la sinistra figura del predicatore, che a poco a poco si rivela essere sempre più vicina e simile a quella di Plainview. Dal film emerge uno sguardo impietoso, privo di banali edulcorazioni, sull’avidità, l’egoismo e l’ipocrisia che albergano nell’animo umano. Ciò che realmente sorprende è l’eclettismo di Anderson, il quale si mette in maniera encomiabile al servizio della storia che deve narrare e offre una prova registica sobria e composta (caratterizzata perlopiù da leggeri movimenti di macchina e spesso persino dall’utilizzo della macchina fissa), molto lontana dallo stile dominante in Boogie Nights, Magnolia e Ubriaco d’amore, che si alimentava spesso di piani sequenza, rapidi e irrequieti movimenti di macchina e panoramiche a schiaffo. Ed è proprio questo rapporto di apparente estraneità tra Il petroliere e il resto della sua filmografia che a nostro avviso rappresenta il più evidente indicatore della maturità e della grandezza dell’ancora giovane Paul Thomas Anderson: solo un grandissimo regista con un’eccellente padronanza del mezzo cinematografico è in grado di realizzare ottimi film così diversi tra loro sul piano estetico in nome dell’aderenza alle esigenze narrative, così come esclusivamente un eminente cineasta può riuscire nell’impresa di non ripetersi mai, cercando costantemente nuove sfide. Come in tutti i suoi lungometraggi precedenti, la colonna sonora è una componente narrativa essenziale che ha lo scopo di immergere completamente lo spettatore nella dimensione filmica, contribuendo in maniera decisiva alla costruzione di una forte e duratura empatia. La musica per orchestra composta da Jonny Greenwood è straordinaria e in alcuni punti chiaramente ispirata a quella di Ligeti e Penderecki utilizzata da Kubrick in 2001 e Shining. Da sottolineare la sublime prova d’attore di Day-Lewis, la splendida fotografia e l’agghiacciante sequenza finale che nel rapporto tra musica e immagini ricorda Arancia Meccanica.
A cinque anni di distanza dalla distorta e surreale “love story” di Ubriaco d’amore il regista/sceneggiatore statunitense Paul Thomas Anderson cambia decisamente registro e torna alla regia con una pellicola dura, profondamente cupa e pessimista - si potrebbe parlare di pessimismo cosmico -, che a differenza di tutti i suoi lavori precedenti non lascia alcuno spazio a possibilità di speranza o di redenzione. Come in Ubriaco d’amore, però, Anderson mette di nuovo al centro della narrazione un unico personaggio, rimanendo dunque ancora lontano dalle narrazioni multiple e dagli incastri di varie vicende umane di evocazione altmaniana di Boogie Nights e Magnolia, che lo avevano imposto prepotentemente all’attenzione della critica internazionale.
La nuova opera del trentottenne cineasta originario della San Fernando Valley è un film audace, tanto coraggioso quanto complesso e al contempo profondamente radicato nella cultura americana e, come ha felicemente scritto più di un mese fa su “Il Manifesto” Giulia D’Agnolo Vallan, nelle sue due anime primarie (il capitalismo e l’evangelismo); un lavoro di grande valore che di certo meriterebbe di essere visto almeno una seconda volta prima di essere giudicato, così da avere la possibilità di coglierne le diverse sfumature e i molteplici temi suggeriti tra le righe.
Ambientato a cavallo tra il XIX e il XX secolo (e più precisamente tra il 1898 e il 1927), Il petroliere è stato definito giustamente da diversi critici americani un “character study”, vale a dire uno studio approfondito su un unico personaggio. Effettivamente la pellicola si concentra quasi esclusivamente su Daniel Plainview (Daniel Day-Lewis), un uomo taciturno, essenzialmente solitario e misantropo, ossessionato dall’idea di arricchirsi grandemente scovando e comprando a somme molto basse territori colmi di “oro nero”. Oltre a Plainview - che è chiaramente una demitizzazione personificata del classico “self-made man” a stelle e strisce - l’altro personaggio che riveste una grande importanza all’interno della pellicola è Eli Sunday (interpretato dall’ottimo Paul Dano), l’ambiguo predicatore della comunità in cui giunge l’avido cercatore di petrolio e nella quale si svolge la estesa parte centrale della narrazione. Anderson ci mostra l’inarrestabile e progressiva ascesa del protagonista principale senza giudicarlo, senza infingimenti, evitando abilmente - come d’altronde ci ha abituati fin dal suo esordio con Sidney - di assumere atteggiamenti moralistici che sarebbero risultati del tutto fuori luogo; e nel frattempo introduce lentamente la sinistra figura del predicatore, che a poco a poco si rivela essere sempre più vicina e simile a quella di Plainview. Dal film emerge uno sguardo impietoso, privo di banali edulcorazioni, sull’avidità, l’egoismo e l’ipocrisia che albergano nell’animo umano. Ciò che realmente sorprende è l’eclettismo di Anderson, il quale si mette in maniera encomiabile al servizio della storia che deve narrare e offre una prova registica sobria e composta (caratterizzata perlopiù da leggeri movimenti di macchina e spesso persino dall’utilizzo della macchina fissa), molto lontana dallo stile dominante in Boogie Nights, Magnolia e Ubriaco d’amore, che si alimentava spesso di piani sequenza, rapidi e irrequieti movimenti di macchina e panoramiche a schiaffo. Ed è proprio questo rapporto di apparente estraneità tra Il petroliere e il resto della sua filmografia che a nostro avviso rappresenta il più evidente indicatore della maturità e della grandezza dell’ancora giovane Paul Thomas Anderson: solo un grandissimo regista con un’eccellente padronanza del mezzo cinematografico è in grado di realizzare ottimi film così diversi tra loro sul piano estetico in nome dell’aderenza alle esigenze narrative, così come esclusivamente un eminente cineasta può riuscire nell’impresa di non ripetersi mai, cercando costantemente nuove sfide. Come in tutti i suoi lungometraggi precedenti, la colonna sonora è una componente narrativa essenziale che ha lo scopo di immergere completamente lo spettatore nella dimensione filmica, contribuendo in maniera decisiva alla costruzione di una forte e duratura empatia. La musica per orchestra composta da Jonny Greenwood è straordinaria e in alcuni punti chiaramente ispirata a quella di Ligeti e Penderecki utilizzata da Kubrick in 2001 e Shining. Da sottolineare la sublime prova d’attore di Day-Lewis, la splendida fotografia e l’agghiacciante sequenza finale che nel rapporto tra musica e immagini ricorda Arancia Meccanica.
- collezionista
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- Iscritto il: martedì 3 gennaio 2006, 10:17
Mi è piaciuto veramente molto , Day-Lewis è un grandissimo , irriconoscibile (come anche in Gangster Of New York), in questi ruoli riesce veramente ad emergere come interpretazione, la sua razionale pazzia è perfetta, finale alquanto discutibile, il maniaco religioso doveva mantenere la sua fede e non dimostrarsi attacato al denaro come tutti gli altri
Il film è... LUI!
Voto 8
Il film è... LUI!
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TV: Philips 50PF7321 - Ampli: Onkyo TX-SR604E - DVD: Onkyo DV-SP404 - Casse Wharfedale Diamond mix 8 e 9
Per gli appassionati del cinema di Paul Thomas Anderson, nel caso in cui fossero interessati, posto un approfondimento (il più esteso che si possa trovare su internet, e anche su carta stampata penso) sulla sua filmografia.
1a parte. Le prime regie: i corti, Sydney e Boogie Nights http://www.cineforme.it/index.php?optio ... &Itemid=33
2a parte. Magnolia http://www.cineforme.it/index.php?optio ... &Itemid=33
1a parte. Le prime regie: i corti, Sydney e Boogie Nights http://www.cineforme.it/index.php?optio ... &Itemid=33
2a parte. Magnolia http://www.cineforme.it/index.php?optio ... &Itemid=33
3a ed ultima parte - ora non vi romperò più le scatole!: Ubriaco d'amore http://www.cineforme.it/index.php?optio ... 4&Itemid=1
Se vi va, fatemi sapere cose ne pensate.
Se vi va, fatemi sapere cose ne pensate.
@Lucamax
Ho letto con interesse la tua disamina in tre parti del cinema di P. T. Anderson, e ti faccio tanti complimenti, hai fatto un ottimo lavoro, minuzioso (si vede che c'è dietro uno studio approfondito, anche attraverso la citazione delle fonti) e curato nella forma scritta.
Ho letto con interesse la tua disamina in tre parti del cinema di P. T. Anderson, e ti faccio tanti complimenti, hai fatto un ottimo lavoro, minuzioso (si vede che c'è dietro uno studio approfondito, anche attraverso la citazione delle fonti) e curato nella forma scritta.
"Lui era bellissimo, ma Lei non lo vedeva proprio..."
"It's the most horrible thing I've ever seen in my life!"
THE CINEPUZZLE
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