[Blu-Ray] La porta dell'inferno (1953) di Teinosuke Kinugasa

Pellicole cult e film che hanno fatto la storia del cinema, dalla sua nascita al 1980.

Moderatori: ivs, giuphish, darkglobe, Invisible

Rispondi
Avatar utente
Noodles85
Utente Avanzato
Utente Avanzato
Messaggi: 3033
Iscritto il: giovedì 2 agosto 2007, 16:29

[Blu-Ray] La porta dell'inferno (1953) di Teinosuke Kinugasa

Messaggio da Noodles85 »

Immagine

Film con un uso dei colori davvero notevole, la scena iniziale è una delle più belle che abbia mai visto da questo punti di vista. I colori e i costumi sono certamente i punti di forza di questo film. Guardandolo mi sono ricordato di averlo già visto, non ricordo dove e quando, ma sicuramente la versione che vidi allora non aveva certamente questi colori, altrimenti me ne sarei ricordato. Belle anche certe scene al chiaro di luna. Non è un capolavoro, la storia per esempio, anche se bella, è un pò debole, però per il resto è tutto molto curato e mi è piaciuta anche la dinamicità del film, che parte che sembra un film di samurai e battaglie e poi cambia in una storia d'amore diciamo. Il legame alla base è il concetto di lealtà. Bravi gli attori Kazuo Hasegawa (Gli amanti crocifissi) e Machiko Kyō (Rashomon, I racconti della luna pallida d'agosto).

Il bluray della Eureka (no audio ne sub ita) è meraviglioso, video splendidamente restaurato, un piacere per gli occhi. L'edizione Criterion (confronto tra le due edizioni) usa lo stesso master ed è leggermente più scura. Entrambe non hanno extra in formato video o audio, ma solo testuali. In particolare l'Eureka presenta un booklet davvero interessante, dove viene riportato un commento al film di Carl Theodor Dreyer che traduco di seguito in italiano perché è una lezione di cinema in pratica:

DREYER SU "LA PORTA DELL'INFERNO":

Quanto segue fu scritto da Carl Theodor Dreyer nel suo saggio del 1955 "Immaginazione e Colore".

La rappresentazione cinematografica della realtà dovrebbe essere vera, ma epurata di dettagli insignificanti. Dovrebbe anche essere realistica, ma trasformata nella mente del regista in modo che diventi poesia. Non sono le cose in realtà a cui il regista dovrebbe essere interessato ma lo spirito dentro e dietro le cose. Perché il realismo in sé non è arte. Le realtà devono essere forzate in una forma di semplificazione e abbreviazione ed in uno stato purificato riapparire in una specie di realismo psicologico senza tempo.

L'astrazione attraverso la semplificazione ed un'ispirata selezione delle cose può anche essere messa in pratica dal regista, in modo modesto, nelle stesse stanze del film. Quante stanze senz'anima abbiamo visto nei film? Il regista può dare anima alle sue stanze attraverso una semplificazione per cui rimuove tutte le cose superflue a vantaggio di pochi oggetti che, in un modo o nell'altro, hanno un valore come evidenza psicologica della personalità dell'occupante o caratterizzare la sua relazione all'idea del film.

Un ancora più importante significato per l'astrazione hanno, naturalmente, i colori. Con essi, tutto è possibile - sebbene non prima che di essere riusciti a rompere la catena che ancora collega il film a colori al naturalismo fotografico del film in bianco e nero. Proprio come gli impressionisti francesi furono ispirati dagli artisti classici di xilografia giapponese, allo stesso modo c'è ogni possibile ragione per i registi occidentali di imparare dal film giapponese La porta dell'inferno, dove i colori servono davvero al loro scopo. Penserei che i giapponesi stessi considerano questo film come un film naturalistico, in costumi storici, naturalmente, ma ancora naturalistico. Visto con in nostri occhi, comunque, sembra un film stilizzato con tentativi di astrazione. Solo in una singola sequenza si fa strada il puro naturalismo, vale a dire nelle scene del torneo in aperta pianura verde. Per pochi minuti lo stile è rotto, però il dispiacere è velocemente dimenticato attraverso la bellezza che il resto del film ci da. Non c'è assolutamente dubbio che i colori siano stati scelti in base ad un attento piano. In ogni caso, il film ci dice molto, non solo sulla composizione dei colori e il ben conosciuto ritmo delle xilografie giapponesi classiche, ma anche sull'accostamento di colori caldi e freddi - e circa l'uso di una estesa semplificazione, la quale ha un effetto particolarmente forte qui perché è supportata dai colori.

La porta dell'inferno dovrebbe incoraggiare i registi occidentali ad usare i colori più consapevolmente e anche con grande audacia e immaginazione. Finora, i colori nella maggior parte dei film occidentali sono stati usati troppo casualmente e secondo la ricetta naturalistica. Al momento, stiamo tergiversando. Quando si tratta di una relazione veramente selvaggia, ci buttiamo su tinte pastello per mostrare che dopotutto abbiamo gusto. Ma quando si tratta della astrazione di film a colori, avere gusto non è abbastanza; uno deve avere intuizione artistica e il coraggio di scegliere esattamente i colori che supportano il drammatico e psicologico contenuto del film. Nei colori sta la grande, si, la più grande possibilità per un rinnovo delle risorse artistiche del cinema, quindi impariamo con tutti i mezzi dai giapponesi. Altri hanno fatto questo prima di noi - insieme a loro, il famoso pittore americano, James Whistler.


:plauso
Rispondi