[Pietre miliari] Nirvana - Nevermind

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Dick Laurent
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[Pietre miliari] Nirvana - Nevermind

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Ci sono dischi che davvero segnano un'epoca, che cambiano il modo di concepire la musica, di capirla, di farla. Piaccia o no Nevermind dei Nirvana è uno di questi dischi. Anno di grazia 1991, uno dei più fecondi per la musica di ogni genere, uno di quelli che saranno ricordati negli anni a venire. Nevermind è un grido di ribellione, una vera e propria rivoluzione. Ma quale rivoluzione? Cosa ha portato in più alla musica che già non c'era? Intanto sfatiamo un luogo comune: il grunge non nasce con Nevermind, né il genere né il conseguente movimento. Prima di questo, prima dell'esordio del gruppo (Bleach, 1988), prima di Smells Like Teen Spirit e dei Pearl Jam, quando ancora i Nirvana erano una possibilità sconosciuta Seattle aveva già sfornato gruppi e album che poco a poco avrebbero creato un vero e proprio stile: Melvins (amatissimi da Cobain che prima di fondare i Nirvana andava spesso in tour con King Buzzo e soci), Mudhoney, Soundgarden, Mother Love Bone. Il grunge c'era già, quindi, anche se non era un fenomeno di costume e se ben in pochi al di fuori da Seattle lo conoscevano, eppure solo con Nevermind è entrato nelle case, nelle orecchie, nei cuori di milioni di persone, dall'America all'Italia, dal Giappone all'Australia. Nevermind è stato la fiamma che ha acceso la miccia, è stato il Never Mind the Bollocks degli anni '90, un disco imprescindibile, potentissimo, indimenticabile. Nevermind è un grido, una deflagrazione, la rabbia, la speranza, la depressione, il furore di un'intera generazione di losers, di figli di nessuno, cresciuti tra gli utlimi strascichi del terrore atomico e i primi del terrore AIDS, che demonizzava il sesso, quel sesso che nei meravigliosi '60 psichedelici era stato simbolo di piena libertà dell'individuo, uomo o donna, bianco o nero che fosse. E' il testamento di una generazione che ogni giorno perdeva ideali, coraggio, voglia di andare avanti. E' un disco giovane, figlio di quei giorni, che parlava direttamente ai giovani. Ma non c'era furbizia nell'operazione e Cobain non era certo un demagogo, i sentimenti non erano costruiti a tavolino: Nevermind è sincero e per questo ancora più sconvolgente, più forte, più emotivo.
Metti il disco nel lettore e vieni investito da un riff di chitarra che è già parte della storia: Smells Like Teen Spirit l'inizio del disco, l'inizio di tutto. Costruzione lineare, un semplice strofa ritornello strofa (che Cobain avrebbe iniziato a detestare, pensando di titolare Verse Chorus Verse[/u] quello che poi sarebbe diventato l'ultimo album della band, In Utero), testo evanescente, in apparenza legato solo da semplici assonanze: Smells Like è molto di più, è il ritratto di una generazione, dei suoi sentimenti contrastanti (Load up on guns and bring your friends/Is fun to loose and to pretend), delle sue paure (I'm worse at what I do best/And for those gift I feel blessed) che trasuda di candore infantile (Our little group has always been and always will until the end / I found it hard, it was hard to find/Oh, well, whatever, nevermind). Primo pezzo, primo singolo, trainato da un video semplice ma di grande effetto: avrebbe dovuto essere l'apripista per il vero pezzo di successo, Come as You Are, secondo la Geffen, invece è accaduto l'impensabile. Milioni di giovani americani si sono ritrovati nella furia, nella dolcezza, nella malinconia del pezzo e il singolo è schizzato alle stelle, così come le vendite dell'album. Altro pezzo, altro singolo: In Bloom, quarto singolo del disco, è un pezzo fresco, di bell'aspetto, con un testo brillante e molto intelligente e un video che se la prende con il perbenismo di bubblico e televisione molto divertente. Terza traccia, secondo singolo Come As You Are è tra i brani più amati del disco dal grande pubblico: è orecchiabile, semplice, il messaggio è stranamente positivo, anche se racchiude tutto ciò che è il grunge (l'essere se stessi, il fottersene delle mode e della gente) e gioca su antitesi e un'apparente confusione (come as you are, as you were, as I want you to be/as a trend, as a friend, as and old enemy/take your time, hurry up/choice is yours don't be late). Soprendente l'ultilizzo della base musicale, tra un basso forte, una chitarra con eco e una batteria funerea, che crea atmosfere malincone, fumose, piovose. Breed è il pezzo più heavy del disco, ottimo nella strumentazione (distorta e violenta) e nel testo (come sempre: anche se Cobain negava di prestare attenzione alle parole i suoi testi sono delle vere e proprie poesie moderne, piccoli capolavori). Il terzo singolo tratto dal disco è Lithium, canzone beffarda che alterna momenti sognanti, quasi onirici, ad un ritornello (abortito in primis e ripreso dopo la seconda strofa) violento e trascinante. Il testo è un attacco moderno alla religione: se Marx l'aveva definita "l'oppio dei popoli" per Coabin è "il litio dei popoli", perché il litio utilizzato come medicinale inebria e rimbambisce proprio come l'oppio. Fino ad ora tracce tutto sommato violente, giocate molto sulla distorsione di strumenti elettrici: il genio di Kurt salta fuori nella traccia 6, Polly. Ispirato ad un fatto realmente accaduto (una quattordicenne rapita e violentata per diversi giorni da un folle), è geniale per due motivi: il primo, stilistico, è la scelta di sostituire l'inseparabile chitarra elettrica con una vecchia acustica scordata e di utilizzare un tono di voce lieve, quasi stesse narrando una bella poesia, in contrasto con la violenta irrazionalità del resto del disco. Il secondo è narrativo: Cobain non si impersonifica nella vittima, come solito, ma nel carnefice, costruendo un freak confuso che agisce quasi per gioco, il protagonista di Lithium che incontra il negative creep del precedente disco del gruppo. Le regole vengono sovvertite e il pezzo brilla di luce propria, intenso e poetico, sorprendente, scioccante senza essere esplicito. Poi lo sfogo, la furia grunge in tutto il suo splendore, Territorial Pissings, il marchiare il territorio tipico degli animali maschi: molto caos, poche parole, grida libere (alla fine si sente chiaramente che Kurt perde anche la voce, il pezzo fu infatti approvato alla prima registrazione, nonostante al produttore Butch Vig non piacesse) per un esempip perfetto di cut up in musica, tra rimandi all'infanzia (When I was an alien/cultures weren't opinions - Cobain da piccolo credeva di essere un alieno caduto sulla terra), attacchi al machismo, come già in Mister Moustache di Bleach (Never met a wise man/If so it's a woman) e citazioni di Burroughs, molto amato dal cantante che suonerà l'accompagnamento nella registrazione di The Priest They Called Him, racconto breve del geniale scrittore (Just because you're paranoid/Don't mean they're not after you). Drain You è un capolavoro di composizione e scrittura, una piccola storia d'amore tra due pazienti di un ospedale tra frasi dolci e rimandi a fluidi e termini medici: un brano dolce e sorprendente dopo la furia distruttiva del precedente brano. Lounge Act era un nome dispregiativo dato al pezzo durante le prove perché sembrava "uno di quei pezzi che si suonano negli alberghi", un lounge appunto: il brano è cambiato molto, il nome è rimasto: cerca di dscrivere un sentimento irrazionale ed incontrollabile che rende il personaggio felice ma preoccupato, forse amore, forse amicizia (I've got this friend you see who makes me feel). Stay Away, che avrebbe dovuto chiamarsi Pay to Play, è un'invettiva contro la moda dei gestori di locali di far pagare i gruppi per esibirsi, mentre On a plain parla di confusione, di ricordi dolorosi. Per smentire, se non fossero state sufficienti le precedenti 11 tracce, che ritiene il disco furbo e commerciale, basta anche solo l'ultima traccia, Something in the Way: chitarra acustica e voce fioca, rari interventi di basso e batteria e addirittura un sottofondo di violoncello per raccontare, tra realtà e sogno, un pezzo del passato del leader del gruppo, quando, andatosene di casa, aveva vissuto "sotto" il ponte dello Wiskah. In realtà il pezzo va oltre la semplice autobiografia, descrive la solitudine, lo spaesamento, l'ingenuità (that's ok to eat fish/'cause they don't have any feeling), un'altro ritratto generazionale ad incorniciare un disco perfetto. Tutto qui? Macché, direttamente da Sgt. Pepper's i Nirvana si divertono a giocare con i supporti, vecchi (il vinile) e nuovi (il compact disc): dopo una decina di minuti dalla fine di Something in the Way parte, con fragore incredibile, una ghost track senza nome (intitolata Endless, Nameless, frutto di alcune improvvisazioni in sala prove: rumore sordo, sullo stile dei Melvins, una violenza strumentale intensissima, un testo caotico, delirante (Death/With violence/Excitement), gridato. L'ennesimo rifiuto di seguire le regole.
Questo è Nevermind, è violenza irrazionale, rabbia giovane, è poesia di strada, sogni infranti, confusione, malinconia, paura del futuro e odio del passato. Ma è soprattutto un tassello fondamentale per la musica moderna, un lavoro imprescindibile, indimenticabile.
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