Piano... piano dolce Carlotta (1964) di Robert Aldrich
Moderatori: ivs, giuphish, darkglobe, Invisible
PIANO... PIANO, DOLCE CARLOTTA
Stratosferica introduzione di quindici minuti: con una panoramica grandangolare portentosa, da togliere il fiato, entriamo subito nel vivo di un "dramma del terrore" dalla fotografia "noir" invidiabile, e poi c'è lei, Carlotta Hollis (Bette Davis), di cui scorgiamo soltanto gli occhi, lancinanti ed attoniti, testimoni dell'efferata uccisione del suo innamorato.
Passano trentasette anni, Carlotta è rintanata nella vecchia villa di proprietà, e non serba memoria di quella atroce vicenda. Almeno in apparenza. Perché "solo al buio le cose sono vere", e riemergono implacabili i segnali di sventura.
Il film non ricalca Che fine ha fatto Baby Jane?, di cui doveva costituire il seguito (entrambi sono adattamenti di romanzi di Henry Farrell); se lì le protagoniste erano il fulcro della rappresentazione, qui l'appeal è demandato tutto alla curatissima e solenne messa in scena. Aldrich è abilissimo a mimetizzare i caratteri (particolarmente algidi ed infidi, Olivia De Havilland e Joseph Cotten, al cospetto del mostro sacro Davis, non fanno affatto la figura dei comprimari), a "rompere i mille specchi", a risistemare le schegge impazzite di una storia peraltro discontinua ed ingarbugliata più del necessario.
VOTO: 7,5
Stratosferica introduzione di quindici minuti: con una panoramica grandangolare portentosa, da togliere il fiato, entriamo subito nel vivo di un "dramma del terrore" dalla fotografia "noir" invidiabile, e poi c'è lei, Carlotta Hollis (Bette Davis), di cui scorgiamo soltanto gli occhi, lancinanti ed attoniti, testimoni dell'efferata uccisione del suo innamorato.
Passano trentasette anni, Carlotta è rintanata nella vecchia villa di proprietà, e non serba memoria di quella atroce vicenda. Almeno in apparenza. Perché "solo al buio le cose sono vere", e riemergono implacabili i segnali di sventura.
Il film non ricalca Che fine ha fatto Baby Jane?, di cui doveva costituire il seguito (entrambi sono adattamenti di romanzi di Henry Farrell); se lì le protagoniste erano il fulcro della rappresentazione, qui l'appeal è demandato tutto alla curatissima e solenne messa in scena. Aldrich è abilissimo a mimetizzare i caratteri (particolarmente algidi ed infidi, Olivia De Havilland e Joseph Cotten, al cospetto del mostro sacro Davis, non fanno affatto la figura dei comprimari), a "rompere i mille specchi", a risistemare le schegge impazzite di una storia peraltro discontinua ed ingarbugliata più del necessario.
VOTO: 7,5
"Lui era bellissimo, ma Lei non lo vedeva proprio..."
"It's the most horrible thing I've ever seen in my life!"
THE CINEPUZZLE
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- Madame Tetrallini
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- Iscritto il: martedì 14 marzo 2006, 23:54
- Località: Roma
Gran bel film ma secondo me un opera minore rispetto a Che fine ha fatto Baby Jane? I tanti parallelismi (due donne protagoniste, la follia e il senso di colpa, una casa come set principale del dramma, etc), e un vago senso di déjà vu pesano su questo film in cui Olivia De Havilland sostituisce più che degnamente la Crawford e finisce spesso per rubare la scena alla Davis.
Per me qualche lungaggine di troppo specialmente nella seconda parte.
I pregi? Li ha già segnalati egregiamente l'amico Invisible... forse posso solo sottolinerae l'ennesima ottima prova di Victor Buono e la struggente e perversa bellezza della canzone che da il titolo al film e ossessiona la protagonista (e tutti noi).
Per me qualche lungaggine di troppo specialmente nella seconda parte.
I pregi? Li ha già segnalati egregiamente l'amico Invisible... forse posso solo sottolinerae l'ennesima ottima prova di Victor Buono e la struggente e perversa bellezza della canzone che da il titolo al film e ossessiona la protagonista (e tutti noi).