RECENSIONE:
Terzo episodio della "Trilogia della solitudine", di cui fanno parte anche "Stromboli" ed "Europa 51", "Viaggio in Italia" rappresenta una delle vette assolute dell'arte rosselliniana, come ormai unanimemente riconosciuto da critica e pubblico nazionali ed esteri.
Prima di assurgere allo status di capolavoro - è giusto ricordarlo - il film ebbe una vita assai travagliata. All'epoca la critica italiana lo stroncò senza pietà, reo Rossellini di aver abbadonato il suo stile neorealista in favore di un linguaggio "improvvisato" (che di lì a poco, diventerà il marchio dei cineasti della Nouvelle Vague) e di aver toccato temi, quali la "crisi di coppia", che destavano ben poco interesse sul pubblico, in particolare quello legato ad un (finto) perbenismo borghese e cattolico.
Alla bocciatura della carta stampata, si accompagnò anche il tonfo al botteghino, tanto che si racconta di una première andata pressoché deserta, nonché incassi risibili nei mesi successivi.
Il film venne, per fortuna, riscoperto, rivalutato e valorizzato da alcuni giovani "illuminati", che al tempo lavoravano per i "Cahiers du Cinema" e rispondevano al nome di Truffaut, Bazin, Rivette. Questi usarono toni trionfalistici per Rossellini, arrivando a sostenere che "<i>c'era un cinema prima di Viaggio in Italia e un cinema dopo Viaggio in Italia</i>", aprendo la strada alla rivalutazione dell'opera omnia rosselliniana (inaugurata in Italia dal critico Aprà), e traendo dal suo stile asciutto, libero e diretto, importanti lezioni, di lì a poco trasfuse nel nascituro movimento francese della "Nouvelle Vague".
Chiusa questa parentesi storica, non si può che passare all'analisi del lato artistico della pellicola.
"Viaggio in Italia" è, prima di tutto, il viaggio all'interno di una coppia. L'incomunicabilità (tema poi ripreso da Antonioni), l'apatia, la frustrazione e l'egoismo di una giovane coppia borghese viene trattato quasi "ferocemente" dal regista romano. Non c'è spazio per alcun tono consolatorio o buonista, eccetto forse per il finale. Durante tutto lo svolgimento si assiste al disfacimento del velo di apparenza borghese fatto di finta comprensione, gesti affettati e obbligate attenzioni. La coppia è messa alla berlina nel suo sfaldarsi ed i pellegrinaggi della Bergman altro non sono che percorsi obbligati nella consapevolezza di essere "uno e altro" rispetto al partner. D'altronde, come in ogni coppia, i sentimenti e le paure oscillano, si accavallano, si ribaltano in una danza sfiancante verso un'agognata consapevolezza (di amare, di odiare), che difficilmente vira in una precisa direzione, assumendo contorni sfumati ed indecifrabili.
La definizione delle psicologie operata da Rossellini (che scriveva i dialoghi la mattina stessa, prima di girare, scatenando le ire di un furibondo Sanders) è maniacale, precisa, lacerante tanto è reale. Siamo di fronte ad un gioco degli opposti: attrazione-repulsione, attesa-impazienza, tolleranza-nervosismo. Alla fine del viaggio, niente sarà più come prima (per la coppia, per lo spettatore). O si tratta, invece, dell'ennesima beffa di un regista che prova ad illuderci sul fatto che l'amore risponda a logiche razionali e sia "afferrabile"? La risposa è aperta, gli interrogativi infiniti. E forse sta in questo, la grandezza del film.
Voto: 9
ANALISI BLU-RAY FLAMINGO:
Video: Video di gran livello. La pellicola è stata sottoposta ad un accurato restauro fotochimico, che mette in mostra una definizione straordinaria, un'ottima scala di grigi ed una grana intatta (nessun DNR o EE), sebbene emergano ogni tanto alcuni difetti fisici e fastidiosi cambi di rullo che solo un restauro digitale potrebbe eliminare. In definitiva, non si era mai visto il film in queste condizioni.
Audio: Doppiaggio d'epoca perfettamente ripulito ed intellegibile.
Extra: Veramente ottimi e mai promozionali. Tra questi meritano attenzione l'eccellente contributo video di Valerio Caprara (15'), la videointervista di Renzo Rossellini e l'estratto in cui Scorsese analizza il film, tratto dal suo documentario sul cinema italiano. Favolose poi le recensioni di Truffaut e Bazin, riportate integralmente.