La luna e sei soldi (1942) di Albert Lewin - Paycom Multimedia

Pellicole cult e film che hanno fatto la storia del cinema, dalla sua nascita al 1980.

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lu.ca.
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La luna e sei soldi (1942) di Albert Lewin - Paycom Multimedia

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Charles Strickland (George Sanders) è un tranquillo agente di borsa londinese, che improvvisamente abbandona moglie e figli e si rifugia a Parigi, solo e senza un soldo, per coltivare la sua passione segreta, la pittura. La ricerca tormentata di una nuova dimensione di vita che gli consenta di dar libero sfogo alla sua ispirazione, lontano dalla civiltà e dalle convenzioni borghesi, lo condurrà a Tahiti.
Dall’omonimo romanzo di Somerset Maugham, da lui stesso sceneggiato insieme al regista Albert Lewin, il film potrebbe essere considerato in apparenza un biopic su Paul Gauguin, o quanto meno come liberamente ispirato alla vita del celebre artista. In realtà a Maugham non interessa la biografia di Gauguin in sé, tant’è che gli cambia radicalmente i connotati facendolo diventare un inglese amorale ed egoista, quanto indagare la forza imperiosa e il significato profondo di un richiamo creativo incontenibile come quello che guidò la vita di Gauguin. Per far questo Maugham affianca al personaggio principale quello del romanziere Geoffrey Wolfe (suo alter ego) in veste di narratore e testimone privilegiato dell’interessante vicenda. L’impianto letterario dell’opera è evidente anche nell’estremizzazione di alcune situazioni e caratterizzazioni (la generosità spinta fino all’autoumiliazione dell’amico olandese, il tragico gesto della moglie di costui, la devozione totale della sposa indigena e lo stesso cinismo insistito di Strickland) che rispondono più al gusto e allo stile personali dello scrittore Maugham che non ad esigenze meramente narrative.
Il film, oltre ad essere ben ambientato e diretto, si avvale di un cast di alto livello, fra cui, oltre ad uno strepitoso Sanders, l’ottimo Herbert Marshall nei panni del romanziere e un intenso Steven Geray in quelli dell’amico pittore olandese Dirk Stroeve.
L’opera fu concepita originariamente con una prima parte in bianco e nero e una seconda (quasi la metà, da quando l’azione si sposta da Parigi a Tahiti) color seppia e, in una delle ultime sequenze, a colori. Per molti anni però è circolata anche una versione interamente in bianco e nero che, nell’edizione televisiva italiana ridoppiata, vede oltretutto sacrificata la bella colonna sonora di Tiomkin candidata all’Oscar.
L’edizione della spagnola Paycom Multimedia presenta la versione originale, audio inglese e sottotitoli in castellano e una discreta qualità video.

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zasor56
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Re: La luna e sei soldi (1942) di Albert Lewin - Paycom Multimed

Messaggio da zasor56 »

Visto ieri sera, nella versione b/n e seppia (più scena finale a colori) prestatami gentilmente da lu.ca, che ringrazio. Francamente, non posso dire che mi abbia entusiasmato, e dal mio punto di vista mi è sembrato di scorgere diverse debolezze soprattutto nei seguenti punti:

- la figura del pittore Paul Gaugain, nel suo alter ego dello schermo Charles Strickland, è presentata allo spettatore quasi come quella di un mostro che, da impiegato commerciale apparentemente inserito nel contesto sociale, improvvisamente abbandona moglie e figli per perseguire l'ideale di artista che sente imperioso dentro di sè. Scontroso e indifferente a concetti "borghesi" come responsabilità familiari, fa di tutto per rendersi inviso a chi lo circonda, anche nei confronti di chi lo aiuta o di chi gli salva persino la vita.

- la figura dell'amico, buono e rispettoso quanto si vuole del genio della pittura che egli vede in Strickland, mi sembra eccessiva nella sua rappresentazione umile e debole, finendo per diventare una macchietta.

- la figura della moglie dell'amico compie una trasformazione che - ancorchè prevedibile sin dalle battute iniziali - viene mostrata senza alcuna transizione che la renda comprensibile a chi guarda il film.

- le persone che ruotano attorno a Strickland/Gaugain parlano spesso della sua genialità che fa passare in secondo piano le asperità del suo carattere, senza però che il film mostri mai allo spettatore in cosa consista questa genialità se non nella breve scena a colori del finale, troppo breve per giustificare il tema sempre accennato e mai mostrato in progressione.

Ora, comprendo bene che stiamo parlando di un film della durata di 90 minuti, e che processi del pensiero evidentemente molto complessi come quelli che possono portare ad un totale cambiamento di prospettive e di significato della propria vita siano oggettivamente difficilissimi da mostrare sullo schermo, specialmente negli anni in cui questo film venne girato in cui i flussi di coscienza come li conosciamo oggi erano ancora da creare; pure, quando è apparsa la parola "fine", ho avuto la sensazione di essermi perso qualcosa, di non aver avuto a mia disposizione qualche elemento in più per avvicinarmi alla figura di Strickland/Gaugain, che solo nel rapporto conclusivo con la moglie tahitiana sembra aver acquistato qualche tratto di umanità finora negato nella narrazione.

George Sanders è piuttosto bravo nel rappresentare Gaugain, soprattutto nella seconda parte, e questo va a suo merito. Adeguati gli altri comprimari. Il film però mi ha lasciato perplesso, forse perché le opere del pittore francese - soprattutto quelle del periodo tahitiano - a me non sono mai piaciute molto (ma qui parla uno che si è sempre accontentato di una conoscenza estremamente superficiale della grande Arte, senza mai studiarla e approfondirla come invece avrebbe/avrei dovuto fare...)
I want more life... father!
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